Scrivere Memorie

 

Presentazione del libro “Scrivere Memorie”

Brentonico, 20/9/2022

Dal libro di Fabio Mazzurana:

Nel primissimo pomeriggio – le ore più calde – la Pina era solita rifugiarsi in una piccola galleria, en stól, per ripararsi dal sole e dalle mosche. Conoscendo quell’abitudine, papà non si era preoccupato di non vederla gironzolargli attorno.
Quando però a fine giornata era andato a riprenderla al solito posto, la Pina non c’era più, se n’era tornata a casa da sola. Arrivata davanti alla stalla, con il muso aveva sollevato il chiavistello che chiudeva la porta ed era entrata.

Stefano Giovanazzi, Ecologia della mente, ecologia di comunità

Il libro di Fabio Mazzurana Scrivere Memorie. I Mazzurana Barèla corre lungo due itinerari paralleli, quello familiare e quello delle generazioni della comunità di Brentonico che muovono i primi passi sul finire di un decennio e che vedono ancora alle loro spalle gli anni dolorosi della Seconda Guerra Mondiale.

La scrittura molto personale di Fabio, affabulatoria, ironica, vivace, rasenta per molti versi quella di un lavoro di scrittura collettivo: frutto del desiderio di raccogliere informazioni, memorie, e sentimenti di una generazione, la sua e quella dei suoi fratelli, cresciuta appunto a cavallo degli anni ’50, la ‘scrittura’ di quanto raccolto ha impiegato più di un anno per prendere forma; un anno dedicato innanzitutto all’ascolto, poi alla meditazione e infine alla riscrittura di quanto preziosamente conservato. Un libro ‘speciale’, dunque, quello che Fabio dedica alla sua famiglia e  alla comunità di Brentonico, un libro in cui in più di duecento pagine fra testo e fotografie riesce a dare voce ad innumerevoli protagonisti di quella stagione memorabile.

Come nello straordinario ed epico film di Edgar Reitz “Heimat” del 1984, nel libro le vicende si susseguono, e mentre ripercorriamo le storie dei protagonisti, li incontriamo uno ad uno nel loro peregrinare: sono persone in carne ed ossa, con dei nomi propri, una loro autentica fragile identità, sono persone che vivono, soffrono e gioiscono, le une accanto alle altre.

La profonda capacità di emozionare della scrittura di Fabio Mazzurana ci accompagna in luoghi e in atmosfere che molti potranno riconoscere: vivere in una comunità alpina, vivere a stretto contatto con l’ambiente naturale, segna sin dai primi anni di vita l’esperienza del crescere, del diventare adulti; a contatto con la natura, ciascun momento diventa prezioso e regala esperienze intense ed uniche; la narrazione si svolge nei cortili, sulle strade, lungo i vicoli animati delle contrade di Brentonico, delle frazioni, ma anche in altri luoghi, a Rovereto, in Vallagarina, in Trentino e in Alto Adige.

Alcuni momenti sono particolarmente intensi, forse potremmo dire lirici: quelli in cui Fabio, assieme al padre Giuseppe e alla mamma Ada, e ai suoi fratelli, vive in ‘comunione’ con gli animali del cortile: la Pina – l’asina di famiglia -, Mirka, le galline, la capra, i maialini. Un’immersione in un ambiente che fa dell’ecologia una virtù.

Un’ecologia della memoria collettiva

Particolare importanza assumono i nomi – nomi di persona, i cognomi, ma anche i soprannomi – all’interno del libro di Fabio Mazzurana Scrivere Memorie. Ve ne vorrei parlare introducendo alcune righe di un testo autobiografico di Elias Canetti, Premio Nobel per la letteratura nel 1981. In questo testo autobiografico l’autore ci parla di un incontro avvenuto una decina di anni prima in una città del Marocco, un incontro non dissimile, almeno nei tratti essenziali, da quello che potrebbe essere capitato a ciascuno di noi:

Strinsi la mano di quell’uomo e lo guardai nei suoi occhi ridenti. Egli domandò al figlio in arabo qual era il mio nome e da dove venivo. […] Fece il mio nome. […]  «E-li-as Ca-ne-ti? » ripeté il padre con tono esitante e interrogativo. Disse il nome alcune volte tra sé e sé, separando chiaramente le sillabe. In bocca sua il nome diventò più importante e più bello. Dicendolo non mi guardava in faccia, e anzi teneva gli occhi fissi davanti a sé, come se il nome fosse più vero di me, e come se esso, il nome, meritasse di essere indagato. Io lo ascoltavo sorpreso e perplesso. Avevo l’impressione che nella sua cantilena il mio nome appartenesse ad una lingua speciale, che io ignoravo. Lo soppesò con magnanimità quattro o cinque volte; mi sembrò di udire il suono dei pesi. Non ero in apprensione, quell’uomo non era un giudice. Sapevo che avrebbe trovato il senso e il peso del mio nome; e quando ebbe finito, alzò lo sguardo su di me e di nuovo mi rise negli occhi. Ora stava lì come a voler dire: il nome è buono; ma non esisteva una sola lingua nella quale potesse dirmelo. Lo lessi sul suo volto e provai per lui un amore invincibile.

L’amore invincibile di cui parla Elias Canetti, è senz’altro l’amore della riconoscenza, l’amore per essere stati ‘riconosciuti’, il ringraziamento perché da qualcun altro ti viene riconosciuta una storia, e ti senti per questo appartenere ad una storia.

Fabio muove da lì, e si chiede: Chi mi può raccontare le storie di famiglia? Chi sono, nel profondo, le persone che ho amato? A chi dovrebbe spettare il compito, l’onore, di parlare di loro, di scrivere di loro? E, infine, come scrivere tutto questo, come scrivere queste mie memorie, questa memoria collettiva?

Il compito di ‘scrivere memorie’ spetta a tutti noi.

Lungo la strada che Fabio ha dovuto percorrere per trovare una risposta a ciascuna di queste domande, si è fatto accompagnare da tante persone: con alcune il dialogo è stato continuo, incessante. Ma ci vuole tempo per ripercorrere la propria vita, ci vuole tempo per ‘ricostruire’ le emozioni che tanto intensamente ti hanno ‘forgiato’; i sentimenti devono trovare casa nelle parole giuste.

Ecco come si spiega la prima parte del titolo del libro di Fabio, “Scrivere memorie”: un lavoro quotidiano, un dialogo quotidiano con una comunità spesso indefinibile a priori, ma che mentre scrivi affiora e si palesa davanti a te con maggior nitidezza.

Come nell’incontro di Canetti, i nomi delle persone e le parole che le identificano devono essere ripetuti più volte perché nella mente la loro identità diventi chiara, così le immagini di ciascuno di loro ti si materializzano davanti, e quelle persone tornano ad essere reali, ad essere lì, in mezzo a noi.

Come pensiamo e cosa pensano gli altri di noi

Dall’osservazione che scrivere memorie è scrivere di sé e della comunità che ti accoglie deriva un’altra riflessione. Se chi tenta di scrivere di sé, deve necessariamente confrontarsi anche con la memoria collettiva, con la memoria della comunità in cui è inserito, allora scrivere ha più a che fare con l’antropologia – con etnografia, con la psicologia, con le scienze cognitive si direbbe oggi – e solo incidentalmente con la storia. Come scrive l’antropologo Marc Augé nel suo libro “Storie del presente”:

Resta almeno una differenza tra storia e antropologia: la natura delle testimonianze […]. Lo storico non ha la possibilità come l’antropologo, di andare a verificare sul campo la validità e la portata delle sue ipotesi”.

In questa prospettiva il libro di Fabio si colloca nel bel mezzo di un itinerario lungo il quale tante attitudini, tante discipline dialogano fra loro: letteratura e poesia in primo luogo, ma anche psicologia, e antropologia, etnografia, sociologia e solo in ultimo direi la storia.

Un’ultima riflessione. Nel libro di Marc Augé, l’autore descrive alcune popolazioni dell’Africa occidentale, che nel corso del tempo hanno privilegiato il sistema di discendenza matrilineare rispetto a quello patrilineare, ossia quel sistema di regole per le quali i figli ereditano la posizione sociale e il possesso dei beni dalla madre anziché dal padre. Mentre riflettevo su questo punto mi sono chiesto: “E se qualcuno di loro arrivasse qui da noi, persona curiosa o con una propensione per l’antropologia, quali strumenti avrebbe per approfondire la conoscenza dei nostri comportamenti, delle nostre consuetudini? Sono convinto che la ricchezza del libro di Fabio lo potrebbe aiutare a dipanare l’intreccio dei sentimenti, dei pensieri e delle azioni che animano i nostri comportamenti, quella complessità che alberga in ciascuno di noi e che esprimiamo vivendo. Certamente, molto più di un libro di storia, molto più di qualsiasi manuale.

A proposito della matrilinearità, se poi volessimo fare un passo più in là, e guardare con gli occhi del nuovo venuto le nostre ascendenze, se si volesse seguire il suo parametro genealogico, la storia della famiglia di Fabio potrebbe essere raccontata anche in questo modo:

Fabio

della fu Ada Antonia Giacoma Mazzurana

della fu Maddalena Virginia Mazzurana

della fu Francesca Togni

della fu Innocenza Perenzoni

e così via…

Il volume è stato curato da Stefano Giovanazzi.
Fabio Mazzurana   nasce a Brentonico (TN) il 21 gennaio 1946. Con “Scrivere Memorie” Fabio è alla sua prima esperienza narrativa.

Info

Stefano Giovanazzi
t. 0039 0464 439936
Stefano m. 0039 329 4828149